Incontro con Anna Maria Panzera

Edizione 2017
LUOGO:

Libreria Laterza - Bari


PERIODO:

22 Giugno 2017

DETTAGLI:
Il 22 giugno 2017 alle ore 18 Le Donne in Corriera hanno incontrato alla Libreria Laterza la storica dell’arte ANNA MARIA PANZERA che ha presentato il suo libro Camille Claudel (Ed.L’Asino d’oro). Hanno dialogato con l’autrice GRAZIA TUCCI e GABRIELE PROTOMASTRO. Alla ricerca dell’” identità” femminile. Il coraggio di Camille Claudel “Per capire una vita, è necessario sapere dove si è svolta. Per conoscere qualcuno, bisognerebbe respirarne l’aria” (A.M.PANZERA)

A cura di ROBERTA MONACO Restituire il racconto e le parole cosi “scultoree” di Anna Maria Panzera, docente e storica dell’arte che collabora con varie istituzioni museali, attività di ricerca, didattica dell’arte e formazione, è stato per me un piacere puro. Questa volta la “materia” mi piaceva in modo particolare, essendo anch’io docente di francese, con qualche conoscenza su Rodin (il cui museo visitavo spesso a Parigi nei miei weekend da studentessa), e sul film francese che racconta la vita di quest’artista così atipica che è stata Camille Claudel (1864-1943). E MARIA LATERZA, nel presentare la relatrice e ringraziarla per aver sfidato il caldo di questo pomeriggio, le lascia subito la parola perché l’appuntamento è troppo interessante e di grande spessore, data la figura femminile affascinante di cui parleremo: la scultrice Camille Claudel. Secondo la tradizione consolidata sono i soci “emeriti” a dialogare con l’invitata e questo sarà stavolta supportato da alcuni filmati. L’editrice dell’ L’Asino d’Oro, in persona, invitata a salutare il pubblico, ringrazia per l’ospitalità e cerca di sintetizzare l’interessante produzione che in un certo senso le accomuna con Le Donne in Corriera, ed in genere con le donne, le autrici donne, con le loro potenzialità, vivacità. Proprio questo riuscire a “scovare” persone che hanno sofferto la “non uguaglianza”, la ricerca di un’identità, sarà l’ argomento che la Panzera affronterà oggi. GABRIELLA CARUSO introduce il ricco profilo biografico di Anna Maria Panzera, e anticipa l’incontro prossimo con Silvio Perrella. Poi affida l’”incarico” al giudice GABRIELE PROTOMATRO, che cito: “Io ho il culto e il rispetto incondizionato del diritto all’eguaglianza e il rispetto delle persone”, afferma richiamando l’esigenza di superare l’avversità alla realizzazione di ogni essere umano in campo artistico e lavorativo. Il libro non è né una biografia né un romanzo in senso stretto. Ma la premessa è necessaria perché il libro è la storia di un’ intellettuale nel vero senso della parola che si è vista condizionare la propria esistenza. I sei capitoli del libro, continua Protomastro, sono legati da un filo conduttore ed evidenziano senza soluzione di continuità gli eventi che hanno caratterizzato e condizionato la vita di Camille Claudel. La madre arcigna e stakanovista, la figura del padre, il ruolo del fratello Paul, cattolico integrale, la sorella definita “insignificante”, insomma non ci svela tutto ma la famiglia ha certamente un ruolo importante nella carriera artistica di Camille Claudel. L’incontro drammatico con Rodin, di 24 anni più anziano di lei, ha devastato la sua vita per un rapporto di odio amore.”Il regno bianco” (cap.5 p.149) mostra appunto in contrasto tra illusione e realizzazione. PROTOMASTRO aggiunge:” Mi preme dire una cosa, non si può improvvisare la scrittura, perché la scrittura è una cosa seria. Bisogna tenere il lettore sulla corda, non si può indugiare in pause, ed allora una delle tecniche vincenti è quella di operare dei sottili riferimenti a ciò che si è detto e si dirà”. Questo fa l’autrice, abile nel richiamare concetti già sviluppati e altri da sviluppare. Ciò rende fluida la narrazione. E così passa la parola alla amica e socia GRAZIA TUCCI che che ritiene essere “più concreta” di lui. “Già dal Prologo, sono rimasta colpita dalla prosa che ci introduce a quel bellissimo periodo che fu la Belle Epoque francese. Le meravigliose avanguardie del ‘900 , il salotto di Mallarmé dove incontrava personalità che l’aiuteranno a cercare quella verità che lei cerca forse nella scultura. Il trasferimento della famiglia a Parigi, in questo ambiente, sarà decisivo per la sua formazione. Ma l’influsso più grande sarà quello del suo “maestro”, da cui saprà tuttavia distinguersi”. La parentesi di genere è dovuta, bisogna dire infatti che a quel tempo le donne erano trattate come esseri inferiori, non potevano decidere neanche quando avere figli… Camille Claudel vuole “vivere” del suo lavoro, eppure non è una femminista, precisa Grazia Tucci, non si lega a movimenti attivisti, anzi è molto isolata. Non riesce però ad ottenere i dovuti riconoscimenti, o ad esempio che alcune sue opere vengano fatte in marmo o realizzate dallo Stato, questo contribuirà al suo isolamento, perché prima di andare in manicomio si chiuderà in se stessa. Bellissima e molto sfortunata. Eroina romantica? Come non ricordare, dice ancora Grazia Tucci, il simbolismo delle sue sculture (pensiamo a L’onda), o ancora, sottolinea Protomastro, alla virilità, all’energia delle sue opere, alla fisicità che ha originato giudizi di senso opposto.

E tocca all’autrice ora rispondere alle sollecitazioni e suggestioni che questo personaggio femminile così complesso, che il fratello con la madre deciderà di internare, ha suscitato. Ci mostra un foto che dimostra la sua giovanissima età: ha solo 14 anni quando inizia a scolpire, maneggia l’argilla nella fabbrica del nonno. Ha un’immediata identificazione con la materia, e un’identità ben definita nonostante l’età. Il padre la ama in maniera assoluta, ma la madre la odia perché dopo di lei è nato un figlio maschio morto. La madre, chiusa, opprimente, morigerata, non sopporta l’esuberanza di Camille. Ma essere artisti, essere Camille Claudel, significa accettare una sfida, una sfida sociale, prendersi delle libertà (esprimere se stessi), libertà che altri non possono permettersi perché legati alla produzione, al fare denaro, ad essere fautori del progresso. L’artista fa una cosa talmente inutile da essere fondamentale perché costruisce il nostro immaginario, e noi senza immaginario non possiamo vivere. L’artista rappresenta un modello di vita completamente diverso, e in quello scorcio di secolo gli artisti cercavano di superare l’Accademia, costruire una nuova filosofia della vita, dell’arte, dell’esistenza. Se poi questo a farlo è una donna, la portata cresce, la portata anarchica è potenziata. I luoghi fisici per le donne erano la casa, i giardini, la cura dei figli. Quindi, sostiene Panzera, la sfida è titanica. Ma lei è sicura di sé, della sua arte, e trascina con sé l’intera famiglia dalla provincia. “Anche l’Accademia era sui generis, perché dovete sapere, che le donne non potevano partecipare ai corsi di nudo, invece l’Accademia ammette le donne”. Ci mostra altre foto in cui lei appare sfrontata, con la sigaretta fra le dita, ha solo 19 anni e a quell’età in Francia si doveva aver realizzato già i desideri della … società. Quindi si sottolinea la forza di volontà del personaggio femminile, che diverrà la forza, la consigliera, ma anche la rivale di Rodin. La sfida che prende sulle spalle è gigantesca. Quando Rodin la conosce sta diventando il più grande scultore di Francia. E ci mostra le sue foto mentre dà gli ultimi ritocchi a Les bourgeois de Calais, di cui le mani e i piedi sono di Camille Claudel. La crisi creativa di Rodin lei riesce a ribaltarla senza prevaricare, ma divenendo per lui “assolutamente sostanziale”. Ammiriamo La porta dell’Inferno. Poi vediamo Camille in posa, bella, con uno sguardo da parte di Rodin su di lei, che a quel tempo, si liberava dai canoni ed accettava di spogliarsi e farsi riprendere…

Oggi il museo ha riscoperto il valore di Camille ed ha riallestito le sale che prima erano vicine perché questo non giovava, visto che lo stile riflette la simbiosi che hanno vissuto. A maggio è stato inaugurato a Nogent-sur Seine, in Francia, il museo dedicato a Camille Claudel, nel paesino del maestro che convinse il padre a portarla a Parigi, città che ancora non si convince a ridurre l’importanza di Rodin! La Francia di allora era in crisi politica e vedeva la scultura come arte celebrativa. Non a caso Baudelaire scrive che a quel tempo “la scultura era la cosa più noiosa che si poteva vedere in Francia”. Aveva ragione. Troppo celebrativa. Invece loro recuperano un realismo spinto, quello di Michelangelo e Donatello. Rodin segue la scultura classica, Camille se ne distacca, con la sua “volontà realistica” che a volte era un andare verso un espressionismo, verso la provocazione dello spettatore. Altra rivoluzione è quella della prospettiva. Dove ad esempio (il supporto video qui è importante) si vede la difficoltà di realizzare una capigliatura. Poi la forza espressionistica si mescola all’arte giapponese. L’Oriente entra nella mente dell’artista e sarà la chiave che li separa dal mondo occidentale (prospettiva centrale, arte fortemente antropocentrica). Nella cultura orientale quello che per noi è il vuoto è per loro assolutamente pieno. Questo è un concetto fondamentale, perché noi tendiamo a riempire un vuoto, l’Oriente lo lascia perché è spazio, senza gerarchie, che può essere occupato da tutti. Non ci sono cose che valgono di più e cose che valgono di meno. L’essere umano è uno dei tanti esseri viventi, fra tanti.

PROTOMASTRO interviene a ribadire quanto si parla nel libro di scultura, del ruolo dei modelli, e sarebbe interessante aprire una parentesi sul rapporto tra disegno e scultura, aspetto non facilissimo che spiega perché Rodin si è dato alla scultura e non al disegno. Il disegno “mette ordine”. Secondo Leonardo: “ guardo, osservo, conosco e poi disegno”, quindi esiste una gerarchia dello sguardo. Ciò che è importante e ciò che va sullo sfondo. Intervento invasivo. L’uomo interviene sulla realtà per poter vivere. Invece l’orientale parte da un’altra prospettiva, leggerissima: coglie la realtà, la afferra per quello che vi è di estremamente volatile, è l’arte della trasformazione. Visione discreta e timida, coglie un momento che poi deve svanire. E ritorna L’onda di Okusai (cfr.immagine) che sta per cadere su… Ecco, l’interpretazione non sarà mai univoca. Cosa farà mai quest’onda? Non sappiamo se gli effetti saranno positivi o negativi. Il che contrasta con l’arte del tempo. In seguito, le avanguardie e i Fauves mutueranno questa visione che appartiene alla cultura orientale (Picasso all’arte africana, Van Gogh giapponese). Questo intervento ha permesso insomma di riflettere sugli studi effettuati, di domandarci perché nei musei la percentuale di opere femminili è nettamente inferiore. Ma sappiamo che il rispetto degli esseri umani è qualcosa di più profondo del rispetto di genere, dell’uguaglianza. Forse per questo conoscere il personaggio di Camille Claudel fa davvero venir voglia di raccontarlo, e afferma la bravissima relatrice, la casa editrice è stata brava a scovare questo mio bisogno, questo desiderio. Qualcosa che non c’era. E la sua biografia italiana è la prima, ed è riuscita ad approfondire il dato ma servendosi del racconto. Raccontare per recuperare la storia, anzi la Storia. Storia di protagoniste dell’arte ignorate. Esiste una donna artista che fa scuola?

ROSANNA QUAGLIARIELLO risponde citando Frida Khalo ed Ernesto Rivera, una storia che presenta analogie ma solo apparentemente, infatti mentre Frida era in completa adorazione del suo uomo, Camille Claudel decide per una separazione definitiva. Separazione che in realtà non c’è stata mai poiché lui l’ha sempre aiutata. Ma lei ha sofferto fino al delirio paranoide, non lesivo verso gli altri ma verso se stessa. Eppure non la si farà mai uscire dal manicomio perché la famiglia era contraria. Vittima della madre, di Rodin e della propria identificazione con questo “fantasma”. Vittima della malattia. Provo a chiedere, ma siamo in chiusura: quanto i film prodotti su questo soggetto hanno influenzato la sua scrittura? In realtà il film con Gérard Depardieu, troppo romanzato, calca troppo sulla follia e rafforza il mito dell’artista che deve essere per forza matto. Ma quando uno sta male follia e creatività non stanno sempre insieme, possono convivere, ma non sempre. L’altro film si sofferma sul periodo di chiusura nel manicomio in cui Camille attende il fratello Paul Claudel, cattolico convinto, che nei trent’anni di vita trascorsi lì non andrà a trovarla se non poche volte. Vedeva la sorella come una “posseduta”, è stato il tipico rappresentante di quella società borghese che da un lato esalta l’artista, dall’altro la fa piombare nella solitudine più efferata. Meno male noi con i nostri libri, ci sentiamo meno soli. Saluti, applausi, e la piccola corriera di “rito”, magari di rito-rno!

Chissà che la nostra Presidente non pensi ad una visita, magari non in corriera…

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