Incontro con Antonella Cilento
LUOGO:
Libreria Laterza - Bari
PERIODO:
Giovedì 21 gennaio 2016
DETTAGLI:
Riportiamo di seguito l'articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno a firma di Roberta Monaco.
Se siamo d’accordo che Napoli fa parte della biografia collettiva del nostro Paese, non dobbiamo meravigliarci che si trovassero a Bari nei giorni scorsi alcune voci partenopee tra le più rappresentative, quasi per magica coincidenza: una al teatro Abeliano (lo spettacolo Toni Servillo legge Napoli ha registrato il sold out) e l’altra, Antonella Cilento, su invito dell’Associazione culturale “Le Donne in Corriera”, alla libreria Laterza, anche questa affollatissima. Ho avuto il piacere e l’onore di intervistare la celebre autrice napoletana (Finalista al Premio Strega 2014 con Lisario o il piacere delle donne, vincitrice del Premio Boccaccio 2014) che presentava Bestiario Napoletano (Laterza 2015) e Napoli sul mare luccica (Laterza Contromano 2006). La poetessa Letizia Cobaltini, mi ha affiancata magistralmente e ha saputo restituire la bellezza letteraria e la profondità di alcune pagine, grazie alle letture di alcuni fra i passaggi più significativi dei due volumi, ci ha fatto ascoltare quella napoletanità che fa parte del nostro immaginario comune, e ci ha fatto rivivere la Storia e le storie che attraversano entrambi i libri, mentre, last but not least, Marco Laccone, compositore e cantautore pugliese, ha chiuso con un omaggio tutto napoletano alla Cilento.
Miguel de Cervantes, che amò moltissimo Napoli, scriveva: “I romanzi si scrivono da vecchi. I romanzi importanti li scrive chi ha molto vissuto e contrattato con la vita”... La citazione, presente nel primo capitolo del Bestiario Napoletano, sembra essere smentita dalla giovane età della Cilento (classe 1970), e dal suo essere un’autrice prolifica, enciclopedica, eclettica, impegnata nel sociale di quella “strana bestia di città (...) bestia metà umana e metà animale”.
E lei si difende, invocando la modestia, dicendo che tutti possono scrivere romanzi, ma romanzi importanti, buoni romanzi, beh, quella è un’altra storia. E ad Antonella Cilento la fantasia proprio non manca, come si evince dai numerosi titoli che ci piace ricordare: Il cielo capovolto (Avagliano, 2000), Una lunga notte (Guanda, 2002, romanzo pluripremiato), Non è il Paradiso (Sironi, 2003), Neronapoletano (Guanda, 2004), L’amore quello vero (Guanda, 2005), Nessun sogno finisce (Giannino Stoppani, 2005), Isole senza mare (Guanda, 2009), Asino chi legge (Guanda, 2010), La paura della lince (Rogiosi, 2012), Ora d’aria (inedito, segnalato dal Premio Calvino 1998).
E anche la voce non le manca, ha realizzato infatti per RAI Radio tre racconti radiofonici e numerosi testi per il teatro. In realtà le basta rispondere alle domande per incantare il pubblico con la sua voce, la sua presenza scenica, la sua cultura, la sua ponderosa semplicità. Ma anche per quel suo andare un po’, per così dire, à rebours (questa volta traduco per chi non dovesse ricordare il romando di Stendhal), “a ritroso”, controcorrente. Legge solo su carta, dice, “il libro va annusato, va scarabocchiato, va deformato e ammappuciato”, parola napoletana intraducibile ma che solo dal suono rende l’idea.
Una delle poche autrici che scrive prima a mano e poi al computer, che attribuisce ancora importanza alla dimensione grafica, fisica, corporea della scrittura (“si scrive col corpo, non con la testa”!). E bisogna dire che lei si dedica a tempo pieno alla scrittura: ha ideato e conduce il Laboratorio di Scrittura Creativa LaLineascritta da oltre un ventennio, per cui il portale (www.lalineascritta.it) conduce programmi di formazione e laboratori in web conference. Forma insegnamenti e studenti in tutta Italia, lavora soprattutto con coloro che hanno difficoltà nella scrittura, i cui insegnanti dicono “non c’è nulla da fare!” e da questi ragazzi, invece, riesce ad ottenere di più...
Non nascondo che mi piacerebbe averla un giorno nella mia scuola o comunque ancora una volta nella Puglia che ha tanto bisogno di leggere e di amare la lettura. Sì, perché la lettura, quando si ama, può essere una droga. “Si tratta di una dipendenza contratta in tenera età per la quale non c’è antiveleno o rimedio. Quando nelle scuole i professori mi chiedono come fare a far leggere i ragazzi, chiedo sempre quanto e perché leggono loro. Di solito pochissimo e male. La questione è che leggere è una trasgressione, non si può istituzionalizzare: bisogna prendere la malattia e sperare di non guarirne mai più”.
La Cilento si definisce - e in questo Le Donne in Corriera sarebbero completamente d’accordo - “malattia cronica e grave di libri” e, aggiungerei, per restare in ambito semantico, che solo così si può “trasmettere” una passione. Tutto questo, in particolare i temi che affronta (la diversità come valore in sé ma anche come fonte di stereotipi, preferisce parlare di cultura della differenza), la passione con cui li affronta, le mille attività che svolge (il volontariato o la realtà complessa della disabilità mentale o fisica), le sfide che intraprende (pubblica anche con piccoli editori ed editori nuovi), le mille collaborazioni con il quotidiano napoletano ed altre testate importanti, ci danno solo un’idea della sua ricchezza. Ed è proprio grazie alla collaborazione con “Il Mattino”, alla rubrica fissa, ovvero articoli domenicali su Napoli, grazie a questa contrainte come la definisce (con mio sommo piacere da francesista), che, dopo 13 anni di gestazione, sono nate le 200 pagine che compongono il fitto Bestiario Napoletano. Qui si aggirano zoccole e scarrafoni, pèrete, fecatielli, farinielli, sagliuti e chiacchielli, animali magici: mosche d’oro, rondini, sanguisughe, cicale di rame, coccodrilli, purpi, balene, sirene, cavalli di bronzo, dinosauri, draghi e leoni, e ancora martiri, maghi, fantasmi, santi e diavoli, monacielli e magnafoglie, donne e Madonne, femminielli e ricchioni (ahia, termine che preferirei non pronunciare in questi giorni né mai), musicisti, bestie rare...
Se vogliamo entrare in questa città che muta senza cambiare, dobbiamo solo aver coraggio: lei ci dà il benvenuto, anzi, come dall’incipit dell’ultimo romanzo, Benvenuti...